sabato 10 luglio 2010

La donna S-oggetto

L'ornamento è un oggetto. L'uomo e la donna sono soggetti. Perchè la necessità di tale chiarimento? perchè spesso ci dimentichiamo di essere soggetti e ci trattiamo un pò troppo come oggetti.
Objets des désirs, pas toujour obscurs
come quelli di Bunuel, mais toujour objets ci percepiamo e facciamo percipere dagli altri, soprattutto nella fattispecie del corpo, che consideriamo tendenzialmente e manicheisticamente, distaccato dal nostro essere più intimo, al quale diamo fortunatamente una natura un pò più soggettiva.
Vivendo in questo inganno dualista ci usiamo o ci lasciamo usare come oggetti, da noi stessi, dagli altri e dalla moda, ma essendo ovviamente dei soggetti non possiamo restarne che insoddisfatti.
Ecco allora che torna utile richiamare ogni cosa alla sua giusta analisi (grammaticale) e ridefinire un pò chi è il soggetto, quale l' oggetto e da chi viene il "complimento oggetto".
Ci sono infatti parti del nostro corpo che sono, sempre per loro natura, più suscettibili di essere percepiti come oggetti del desiderio, e sono proprio le parti che meglio sanno parlare una lingua particolare, quella dell'amore, non universale, ma unitivo e personale.
Ma se il mio corpo non è un oggetto che possiedo io stesso e che tanto meno l'altro può possedere, esso farà parte del mio essere soggetto, anche se rimane spesso percepito più come un semplice oggetto.
Ora farò bene a chiarire agli occhi dell'altro, che mi percepisce mentre cammino, con indosso i miei ornamenti, che voglio essere considerata come un soggetto.
E sarà proprio questa differenza di intenzioni che determinerà il grado di soddisfazioni che otterò dall'integrazione del soggetto che sono, con l'oggetto che mi sembra percepire da me stesso e dagli altri come oggetto: il corpo e le sue parti.

venerdì 9 luglio 2010

Esercizio di stile comunicativo con H&M


Andate sul sito di H&M in basso a destra, trovate l'applicazione "crea il tuo look".
Prima di scegliere i capi da far indossare alla vostra modella, immaginiate una situazione in cui vi piacerebbe indossarli e il tipo di messaggio che vorreste comunicare.
Iniziate a giocare scegliendo i vari abbinamenti. Una volta terminato riflettete: lo stile che avete scelto è coerente con il messaggio che volevate comunicare?



giovedì 8 luglio 2010

Il linguaggio dell'ornamento

L'haute couture a Parigi scende fra le strade. Cerca un maggior contatto con la quotidianità e con il pubblico per la quale è pensata. E fa bene perchè l'ornamento parla, e il suo linguaggio si diffonde dalle passarelle delle sfilate di moda, ma soprattutto dai nostri armadi alle cene fuori con gli amici. Perchè si reputa necessaria una riflessione sul suo linguaggio? Per avere la libertà di usarlo più coerentemente con noi stessi.
L'ornamento ci parla, dalle passarelle, riviste di moda, campagne pubblicitarie e film. La sua comunicazione è studiata per raggiungere la vendita: farcelo comprare. Ma quando esco la sera e vado incontro ai miei amici desidero che il mio abbigliamento parli di me o per me? Non si tratta di recuperare una formalità vuota di contenuti, ma di cercare di usare l'ornamento con maggior consapevolezza, assoggettandolo al nostro valore e non viceversa. La differenza sta tra il parlarlo e il lasciarsi parlare.
Vi ricordate lo slogan della pubblicità dell'Oréal, "Perchè io valgo" ? Posso scegliere un abito perchè io valgo, o perchè valga per me, al mio posto. La prima è una scelta che mi valorizza, la seconda che mi svaluta.
Per usare l'ornamento in modo da valorizzare la mia persona, ho bisogno di individuare prima il mio valore indipendentemente da esso. E questo dipende dall'immagine che ho di me stesso. Alla fine è sempre una questione di immagine. Volenti o nolenti, tutti puntiamo a dare una buona immagine, non perchè siamo persone superficiali, anche se spesso definiamo superficiale chi lo fa, ma perchè teniamo giustamente in conto l'idea che l'altro si fa di noi nella sua tesa e il più della volte desideriamo che non si sbagli, che l'impressione che si è fatto di noi, sia coerente con quella che abbiamo noi di noi stessi.
Possiamo costruire la nostra immagine in base a modelli di cui riconosciamo un valore e a cui aspiramo uniformarci. A volte assumiamo modelli, che ci stanno stretti, ci piacciono, ma non ci stanno perchè non sono coerenti con il valore che siamo indipendentemente dall'immagine che desideriamo avere o dare di noi stessi. E' quando non sappiamo che valore abbiamo in noi stessi che l'opera d'arte che indossiamo prevale sul valore intrinseco della nostra persona e costringiamo l'ornamento a fare più di quanto esso per sua natura possa fare: darci un valore invece di valorizzarci. Quando deleghiamo alla moda la definizione del nostro valore, facciamo di noi stessi delle modelle, nel senso di
mannequinnes, ossia dei manichini.
L'ornamento comunica con o senza di noi. Usare con consapevolezza il suo linguaggio aumenta le possibilità di una comunicazione coerente con se stessi. Lasciarci usare dal suo sistema comunicativo aumenta invece la possibilità di creare immagini ambigue e incoerenti con quello che vogliamo veramente e intimamente. Ora viste le passarelle, che lingua vogliamo far parlare al nostro ornamento per l'estate 2011? Sarà bene definire prima il valore che siamo, Abbiamo un anno di tempo...

martedì 6 luglio 2010

Morire per amore dell'amore

Oggi è la festa di una Santa che sicuramente non va di moda, ma la cui storia, tocca nell'intimo ogni donna e arricchisce ogni questione che possiamo affrontare sulla corporeità e la comunicazione. La sua storia è di un attualità spaventosa. S. Maria Goretti è martire dell'amore, un amore vero, capace di difendere se stesso e l'altro fino alla morte. Patrona naturale di ogni donna o bambina che ha subito o continua a subire violenze sul proprio corpo e che piange intimamente le sue ferite nel cuore dell'amore stesso .

La forza che ha tirato fuori in quel momento mentre a soli 14 anni, stava per essere violentata, è la forza di un amore vero e puro nelle sue intenzioni, così fedele a se stesso, che si rifiuta di lasciarsi trasformare in atto di violenza, di dominio, di possesso, per non snaturare le parole di quell'atto che è espressione di solo d'amore e mai di aggressione.

Santa Maria Goretti, ha preferito morire piuttosto che concedersi contro il suo volere, a quell'abominio dell'atto d'amore che è la violenza carnale. Ma questo non vuol dire che ha cercato lei stessa la morte, il suo carnefice l'ha accoltellata mentre lei difendeva il suo amore per la vita - sua e del suo aggressore l'amico Alessandro – e per l'amore stesso.

La luce della sua storia illumina il nostro riflettere sugli atti d'amore e le loro intenzioni. L'aggressione, la ricerca di soddisfazione di sé senza rispetto della volontà dell'altro è violenza, ma possiamo spingerci ancora più in là chiedendoci se ogni nostro atto è mosso dal desiderio di donare noi stessi mentre chiediamo all'altro di donarsi a noi. La natura dell'atto d'amore non è espressione di donazione reciproca? Quanto cerco il bene mio, dell'altro e dell'amore stesso mentre pronucio le parole dell'amore nei miei atti? E' una domanda che riguarda l'amore tutto intero. E la lezione che ci offere questa piccola adolescente delle Ferriere con la sua vita, è quella di una profonda ricerca di purezza di intenzione e di atti che si muove da un amore profondo per l'amore stesso, ed è il significato della castità cristiana. La castità non è un cintura che si usava nel medioevo e che oggi è simbolo di repressione sessuale della donna, per cui le si vogliono privare i piaceri della vita. La castità è amore profondo dell'amore stesso inteso nella sua purezza originaria e ricercato in ogni atto e in ogni intenzione e non amore di se stessi a discapito dell'altro o negazione dell'amore a se stessi. Ed è per questa prospetti va di cammino verso un amore sempre più fedele a se stesso, che si può definire virtù in senso cristiano, perchè una virtù si coltiva, e in essa si progredisce camminando sulle sue traccie, in ogni tempo e in ogni luogo, traducendole nello spazio della propria esistenza, della propria corporeità, del proprio essere nel mondo liberi e capaci di amari.

Una scelta del genere oggi, è una scelta che però sembra condurre alla morte, non interiore anzi, ma ad una morte esteriore, una morte d'immagine, agli occhi di coloro che non la conoscono o ancora non sono rimasti affascinati dalla sua bellezza o la rifiutano perchè va contro ogni egoismo umano. Molto abbiamo da imparare da questa quattordicenne coraggiosa, che ha tanto amato l'amore e la sua forma più elevata di espressione corporale, da dare la sua vita perché questo non si realizzi senza la purezza di intenzione dal quale nasce e con la quale si muove sempre.


Link: http://www.santamariagoretti.it/vita.html
su google map: Casa del Martirio si S. Maria Goretti, Frazione Ferriere, Latina, LT 04100, Italia





domenica 4 luglio 2010

Curvy on the runway


Finalmente sulle passerelle dei grandi come una di loro. Crystal Renn la taglia 44/46 più famosa del mondo è comparsa in queste settimane sulle passarelle di Chanel Saint-Tropez come una modella qualunque, anzi essendo l'unica formosa tra le tante, si fa notare sempre di più, e forse è proprio questo il segreto del suo successo.
Essendo stata la prima a non volersi adeguare alle condizioni, che sembravano serratissime, del mondo della moda, per affermare se stessa, e il suo corpo senza scendere a compromessi con il processo di autodistruzione innescato dall'anoressia. E forse è stato proprio l'incontro con la sofferenza, che le ha dato la forza di accettare e far accettare a tutto il mondo, la propria corporeità bella anche se formosa.


Come tutte le modelle viene ingaggiata da un agenzia all'età di 14 anni, che riconosce la bellezza e il potenziale dei suoi lineamenti mediterranei, ma le sentenzia "Devi dimagrire almeno 20 chili". Crystal con la caparbietà di un adolescente, non si lascia sfuggire la realizzazione di uno dei più grandi sogni adolescenziali femminili, per cui si mette in riga e 20 chili siano, da perdere anche a costo di sentirsi debole, di non reggersi più in piedi in 49 chili x 168 cm"Ero talmente malata che perfino camminare mi era difficile. Dovevo fare un cambiamento".
Poi finalmente arriva il momento della consapevolezza, quel processo di autodistruzione non può essere l'unica strada per realizzare il suo sogno. Ritorna in carne e si presenta all'agenzia, che ovviamente non l'accetta, ma Crystal non demorde e partecipa ad una trasmissione televisiva molto famosa in america e racconta la sua storia. Viene notata da Steven Meisel nel 2004 che la vuole per una campagna di D&G. Nel giro di qualche anno è richiestissima da tutti i maggiori stilisti. E Vogue.it, dedica tutta una sezione alle formose (http://www.vogue.it/vogue-curvy).
Oggi Crystal combatte i suoi vecchi nemici l'anoressia e la sottile mancanza di autostima femminile, che è il terreno fragile di battaglia per molte altre frustrazioni femminili. "Si onesta con te stessa, e smettila di peroccuparti di quello che pensa il resto del mondo" dice Crystal a tutte le donne, davanti a un buon piatto di pasta che ha il piacere di gustarsi, perchè si può mangiare di tutto
, purchè il cibo sia sano e si assuma con regolarità. "E' tutta una questione di moderazione" e di sincerità. Malattie come l'anoressia o la bulimia, spesso iniziano come semplici disordini alimentari, mescolati in pentola con bassa autostima e piccole o grandi frustrazioni nascoste. Il cibo, essendo una di quelle cose che ci provocano un piacere, spesso lo usiamo come altro da un semplice e gustoso nutrimento, ed è proprio quando usiamo una cosa per un altra che perdiamo il piacere naturale che questa può procurarci.
Il cibo non può colmare carenze affettive, intimi desideri di realizzazione personale che pensiamo di non essere in grado di raggiungere, non può fare quello che solo noi possiamo fare: mettere mano alla nostra vita e andare alla ricerca della causa delle nostre insoddisfazioni, nel momento in cui cerchiamo di consolarci, per risolverle. Il cibo, come tutti i piacieri, assolve degnamente e senza effetti spaventosi il proprio compito, quando lo trattiamo per quello che è veramente e non come un sostituto. La prossima volta che entreremo in cucina non per fame ma alla ricerca di consolazioni, consideriamolo un buon campanello d'allarme, non per la nostra linea, ma per ascoltare più intimamente noi stesse : Se sto cercando consolazione, forse che c'è qualcosa che mi sta generando frustrazione in questo momento nella mia vita. Una tale sincerità con noi stesse, può farci dimenticare che ci troviamo in cucina per mangiare, e magari farci trovare una soluzione più mirata per alla nostra insoddisfazione.
E stasera prima di uscire, mentre affrontiamo il dramma del cosa-mi-metto-?, prendiamo una porzione di specchio, che ci incornici solo il volto, e guardiamoci negli occhi sorridendo, cerchiamo di vederci nel profondo, incontreremo una più fedele alleata per la serata, la nostra bellezza interiore!

sabato 3 luglio 2010

Excursus storico: l'ornamento prima cosa ha detto

"Ogni civiltà e ogni periodo concepiscono il corpo in maniera diversa assegnando significati simbolici a determinate sue parti" (Dorfles-Vattese). L'abito è icona dei tempi. Non sono sempre gli stilisti a determinare cosa indosseremo. In fondo loro fanno semplicemente delle proposte, siamo noi poi a scegliere cosa ci rispecchia maggiormente, cosa definisce il nostro stato d'animo più degli altri o i nostri più intimi desideri in un determinato periodo storico, sotto determinate influenze e circostanze. Alla fine sono gli stilisti a seguire il nostro gusto.
"Nella specie animale di solito è il maschio a recare configurazioni più spettacolari per attirare la femmina, la razza umana ha sovente ribaltato questi ruoli: quasi ovunque è alle donne che spetta il primato dell'ornamento, ma il modo in cui ciò è accaduto mette in luce la relatività delle consuetudini" (Dorfles-Vattese). Un discorso sull'ornamento e la corporeità non può e non deve interessare solo la donna, perchè è tra i due che si instaura una comunicazione, i cui codici - perchè questa sia efficace - dovrebbero essere ben chiari ad entrambi. L'analisi di come questi siano stati usati in passato è l'oggetto di questo breve excursus, prima di iniziare l'analisi del nostro codice ornamentale contemporaneo.

Anni 10 cappelli giganteschi, gonne lunghissime fino a coprire le caviglie, non sono certo ornamenti adatti a certi luoghi di lavoro.


Anni 20-30 già si può cominciare a notare un desiderio di mascolinità e indipendenza, nelle pettinature, nei tagli corti, nei cappelli che si ristringono ad incorniciare il volto, a cui si dà più importanza perchè lo sguardo della donna è alla ricerca di un ruolo più rilevante nella società. Con in mano una sigaretta lunguissima, tra le nuvole di fumo, su i tavoli dei grandi del mondo, dice la sua, senza rinuciare alle proprie armi di seduzione, che comincia ad usare non solo per conquistare il proprio amato, ma anche per raggiungere scopi personali nei luoghi di potere in cui si aggira. I tagli degli abiti si razionalizzano, "posso anch'io ragionar con voi tra le mie forme", sembra affermare la donna di quegli anni, in una comunicazione di sè, che cerca un dialogo più paritario con luomo.


Negli anni 40 sono di nuovo sole, costrette ai lavori anche più duri, mentre i mariti e i figli maschi più grandi sono chiamati alla guerra.


Anni 50 ritorna la pace, i colori pastello, le ampie gonne per ballare. I mariti sono tornati a casa. Le famiglie riescono a riunirsi felicemente davanti a qualunque cosa, che sia pure una scatola parlante. I seni riemergono incorniciati. Compaiono i primi tacchi a spillo. La seduzione veste fino ai piedi.


Anni 60
riemege il desiderio di indipendenza dei primi del novecento. Il tailleur, abbigliamento di lavoro maschile, ora è anche negli armadi delle donne. Nasce la prima minigonna, questa introdotta dalla stilista Mary Quant, ma definitivamente scelta da una donna che si scopre sempre di più, che si vuole togliere di dosso quegli imperativi formali, che la costringono in un ruolo che non sente più di voler assolvere (o deve ancora necessariamente assolvere?). E' una donna giovane e confusa, sta cercando l'uguaglianza nei diritti con gli uomini e comincia con l'uniformarsi ad essi nell'abbigliamento, ma questo è solo un ornamento e non realizzerà pienamenta la sua profonda sete d
i uguaglianza.


Anni 70
non ci sono più tante differenze tra i capi maschili e femminili, tutti, adulti, giovani e bambini, hanno finalmente un capo in comune: i blue jeans.


Anni 80 il desiderio di uniformità nell'abbigliamento dell'uomo e della donna culmina nei pantaloni larghi, nelle spalle allargate di giorno nei luoghi di lavoro, mentre di sera si torna a sedurre in aggressivi tagli squadrati.


Anni 90 le forme si am
morbidiscono, prevale lo stile casual, abbonda il tempo libero.


"I mutamenti negli stili rispecchiano quasi sempre cambiamenti profondi nella mentalità" (Dorlfles-Vattese). Oggi guardandoci intono, cominciando dagli ornamenti, cosa possiamo dire sulla nostra mentalità?

venerdì 2 luglio 2010

Corporeità e Ornamento

Giugno, luglio e settembre, sono i mesi della moda "Primavera-Estate", non quella dell'anno in corso, ma del prossimo, il 2011. I fashion addicted, lo sanno bene e proprio in questi giorni si aggirano tra capitali, siti e blog, per scrutare tutte le possibili "visioni future" da sfruttare in questo periodo di saldi. And I confess, anch'io sono una di loro, capace di contemplare un paio di scarpe come una vera opera d'arte, senza rinunciare però all'intelligenza di volerne percepirne il sottile, e a volte troppo sottile, messaggio subliminale. Ornamento, non è dunque sempre Delitto e in questo caso, quale occasione migliore per riflettere sulla corporeità e la comunicazione cominciando proprio dai suoi ornamenti, che troppo spesso ci dimentichiamo essere molto meno importanti del corpo stesso ed i come lo trattiamo.

Oscar Wilde diceva "One should either be a work of art or wear a work of art". A volte la vera bellezza è solo una questione di scelta fra queste due semplici strade. Quale sceglierò stasera prima di uscire?


giovedì 1 luglio 2010

Do I really have to wear this?

Posso veramente indossare tutto quello che mi viene proposto sulle passarelle, senza pensare a quello che comunico? Il blog di Unum Velle, propone uno sguardo critico sulla moda in concomitanza con le sfilita Primavera-Estate 2011.