lunedì 10 maggio 2010

Help!


In occasione della Biennale di Architettura del 2008, il gruppo olandese DroogDesign presentò, all'Arsenale di Venezia, l'istallazione dal titolo "S1ngletown"(1). Una serie di manichini, isolati ognuno sotto il proprio occhio di bue, etichettati secondo vari "status di singletudine" - opportunista globale, vedova indipendente, appena divorziato, ect - abitanti ciascuno di un proprio spazio, senza nessuna possibile o stabile comunicazione con l' altro. Lo status "Alone, together", per esempio, lavora in uno studio di design molto alla mano, vive da solo in una casa costruita espressamente per single, celebra il programma delle pulizie per mantenere puliti ed in ordine gli spazi comuni e crede nella collaborazione tra singles, ma alla fine vive solo pur vivendo insieme ad altri. Chi di noi ha fatto un esperienza come studente erasmus o fuori sede, può facilmente riconoscere questo spazio di solitudine che si crea a volte pur vivendo insieme ad altri, perchè alla fine è molto difficile cercare di incastrare le varie "libertà" e abitudini, capire o sopportare le "invadenze" dell'altro - quello che per uno è "una questione di rispetto" per l'altro è "rivendicazione fondamentale della propria libertà" - e si finisce col fare del frigorifero un cavò. Ciascuno imperatore unico e suddito solo di se stesso, rivendica il proprio sistema di regole che tutti devono insindacabilmente rispettare, in un anarchia di comportamenti liberali, che si rivela essere una trama di regole su regole, per cui ogni nuovo inquilino porta le sue nuove regole, e ogni violazione al sistema di libertà è dichiarazione di guerra e attacco ad personam, perchè ognuno si identifica con il proprio sistema di regole (la tautologia della frase collabora a rendere inquietante l'idea). In un clima del genere è facile sentirsi soffocare e decidere di prendere in affitto una casa tutta per , o troncare una relazione alla prima crisi, per ritrovarsi poi nuovamenti liberi ma soli. Come dice il protagonista di About a boy - citando il testo di una canzone di Bon Jovi - "No man is an island" e tutta questa battaglia per la "libertà assoluta", ci l'allontana sempre di più dall'altro e, ci chiude nei nostri egoismi, ma non riesce a zittire il pronfondo desiderio di condividere la nostra libertà con un altro, di accogliere una presenza diversa da noi stessi nel nostro piccolo isolotto. Per alcuni questa esperienza di solitudine affettiva, può essere così dolorosa da portarli a spodestare totalmente il proprio "io imperatore", per accogliere totalmente quello dell'altro e convertire l'amore in dipendenza e spersonalizzazione. Per altri significa trovarsi affetti e consolazioni non umane - "il mio ragazzo è il mio lavoro", "il mio migliore amico è il mio cane lui almeno non mi tradisce" - e per quanto possiamo felicemente amare un lavoro o un cane questi non sono mai delle persone e ripiegare non è mai una soluzione, ma sempre una condanna a mezza soddisfazione. Per non finire come i protagonisti dei film di Lars Von Trier - che ingannati e manipolati per la loro "ingenua" bontà o sono condannati a morte o diventano più cattivi e spietati dei propri carnefici(2) - diventa basilare trovare quell'equilibrio, che ci porti a ridimensionare il nostro "io" per accogliere l'altro, rimanendo però fedeli alla profonda verità su stessi. E questa non si identifica con il nostro sistema di regole, ma con il nostro essere liberi e relazionali allo stesso tempo, senza che le due cose entrino in contraddizione tra di loro. Solo così è possibile sperimentare la libertà nell'amore, che non è rivendicazione dei propri diritti sull'altro, ma scoperta e significato sempre nuovo del nostro essere in relazione con l'altro, pur nella piena realizzazione e affermazione di . In questo modo la mia libertà si dilata per e verso l'altro, e mentre include il suo spazio nel mio, si assicura anche il proprio spazio, in quell'ambiente di fiducia e calore che chiamiamo amore. Nonostante le previsioni che nel 2026 un terzo della popolazione che vive nelle metropoli abiterà da sola, penso che le grida degli abitanti di singletown saranno presto ascoltate: "When i was younger, so much younger than today, I never needed anybody's help in any way. But now these days are gone, i'm not so self assured...My indipendence seems to vanish in the haze, i know that i just need you like i've never done before" quello che ci serve ora, è solo rinquadrare interiormente due concetti: quello di "libertà" e "amore" .




Indipendent Widow
Works her mind at the brain gym

Lives far away from her kids and grandkids
Celebrates software which allows free calls over the internet

Believes that older people can live safely alone

Seasoned Professional
Works where he lives
Lives where he works
Celebrates local artist by showcasing their work at his home art gallery
Believes that everyone is ultimately answerable to only one boss: t
hemselves

[in alto a destra]
Recently Divorced
Works nine to v.
Lives alone (after decades with a family)

Celebrates new-found freedom, but also struggle with loneliness
Believes in the possibility of another long-term, stable relationship
[in basso a sinistra]
100K+ Exec
Works hard 24/7
Lives in the office and on the plane
Celebrates nano-tech, wrinkle-free (clothing) perfect for traveling
Believes in running a home like a business, by automating and outsourcing everything


Global Opportunist
Works on remaining a student for as long as possible
Lives wherever his studies take him
Celebrates freedom
Believes one day he will settle down. Maybe.



(1) http://www.s1ngletown.org/

(2) La protagonista di Dogville, Grace, per sfuggire da un destino di dominazione sugli altri, perchè figlia di un famoso gangester, permette qualunque meschinità agli abitati di una piccola comunità, pur di accettarli così come sono, e una volta sfruttata e violentata da coloro che aveva deciso di redimere con il suo "amore", ritorna dal padre per chiedere vendetta.

di Federica Colombo

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